70 atomiche Usa custodite in Italia saranno adeguate per il lancio con gli F-35

 

The Guardian svela un presunto piano che prevede che il Pentagono stanzi 11 miliardi di dollari per interventi di 'ammodernamento' dei 200 ordigni B61 ospitati dalle basi Nato europee, di cui 70 localizzati in Italia (50 ad Aviano, e 20 a Ghedi). L'operazione ruota intorno al controverso caccia-bombardiere F-35 di ultima generazione. L’Italia è uno dei principali depositi europei dell’arsenale nucleare Usa, ma tale questione non fa parte dell’agenda politica

Cagliari -

Gli Stati Uniti sembrano cambiare strategia sul disarmo nucleare, gli impegni sul disarmo del Presidente Obama vengono dimenticati. Difatti secondo quanto svela il giornale inglese The Guardian, il Pentagono si appresta a spendere 11 miliardi di dollari per ammodernare 200 ordigni nucleari tattici B61 dislocati in Europa per trasformarli in "bombe atomiche intelligenti (teleguidate)" sganciabili dal caccia-bombardiere di ultima generazione F-35, caccia molto controverso di cui si sta dotando anche l’Italia. Le B61 sono ordigni atomici americani conservati negli arsenali Nato europei. Sono allocati in Belgio, Olanda, Germania, Turchia, ed in Italia, sul cui territorio sono ancora presenti 90 di questi ordigni (70 secondo le ultimissime stime): 50 ad Aviano in Friuli e 40 (20) a Ghedi Torre, in provincia di Brescia. Secondo il rapporto del Natural Resources Defense Council (NRDC), che ha redatto un rapporto sulle armi atomiche nelle basi americane in Europa le bombe nucleari sarebbero ben 481, dislocate in Germania, Gran Bretagna, Italia, Belgio, Olanda e Turchia, tutte del tipo indicato dal Pentagono come B 61, che non si presta ad essere montato su missili ma può essere sganciato da cacciabombardieri. Le B61 sono bombe atomiche piuttosto antiquate, ma pur sempre armi di distruzione di massa, che furono realizzate alla fine degli anni Sessanta. La loro potenza massima è di 340 chilotoni (oltre 30 volte la bomba di Hiroshima) ma quelle depositate in Europa, il modello B61 Mk12, “si fermano” consentiteci il termine a 50 chilotoni (un chilotone corrisponde alla potenza esplosiva di 1.000 tonnellate di tritolo). Degli 11 miliardi di dollari stanziati, il Pentagono - che nel 2010 si era impegnato a ridurre il numero degli ordigni atomici e a non svilupparne di nuovi - ne spenderebbe 10 per prolungare la vita operativa delle B61 e uno per dotare ogni ordigno di alette di coda per trasformarle in bombe atomiche guidate. In pratica, ognuna di esse verrà dotata di coda ed alette, in modo che sia indirizzabile sul bersaglio. Inoltre, verrà prolungata la loro vita operativa, in modo che potranno essere usate nei prossimi decenni. Alla fine le 200 nuove B61 saranno pronte tra il 2019 e il 2020 in tempo per essere usate dal discusso caccia-bombardiere 'invisibile' F-35. Quello degli F-35 rappresenta il più ambizioso e costoso programma della storia militare non solo statunitense:2.443 aerei per 323 miliardi di dollari. L'Italia ha di recente confermato il proprio impegno all'acquisto, pur riducendo gli ordini a 90 esemplari. In teoria un F-35 potrebbe penetrare indisturbato (perchè non rilevabile ai radar) lo spazio aereo di qualsiasi nazione e sganciare una di queste bombe atomiche tattiche. A quanto riferisce il Guardian, secondo l'amministrazione Obama, l'aggiunta delle alette di coda per rendere indirizzabili (Gbu) le B61 non rappresenta "un significativo cambiamento per cui non viola gli impegni del 2010". A 50 anni dalla crisi dei missili di Cuba c’è chi, ancora adesso, continua l’opera di disinformazione e non accenna per niente nel collegare quel rischio di guerra atomica al fatto che furono gli USA per primi ad installare dei missili nucleari puntati contro l’Unione Sovietica e i suoi paesi alleati e non il contrario e che la crisi di Cuba fu una conseguenza di questa decisione americana. La cosa non è molto nota ancora oggi. Proviamo a raccontarla. In Puglia furono installati 30 missili Jupiter con una testata nucleare da 1.45 megaton (cento volte più potente delle bombe atomiche esplose a Hiroshima) molto prima che la crisi di Cuba avesse inizio. Il PGM-19 Jupiter era un missile a medio raggio, ovvero con portata tra i 1.000 e i 5.500 km, armato con una potente testata termonucleare. Da qui la decisione di costruire una risposta simmetrica, e puntare armi atomiche sul territorio americano da una breve distanza. La crisi che ne seguì portò ad un accordo tra gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica che stabiliva l'immediato ritiro dei missili sovietici da Cuba, cui sarebbe seguito lo smantellamento delle postazioni americane in Turchia, Italia, e l’impegno a non invadere l’isola. In Puglia si svolse una delle pagine più drammatiche della guerra fredda. La storia era cominciata nel settembre 1958 quando gli americani, con l’allora presidente Eisenhower, raggiunsero un accordo con il governo italiano per l’installazione di alcuni missili a gettata intermedia, con testate nucleari, in grado di colpire i paesi alleati dell’Unione sovietica come Albania, Romania, Bulgaria, e alcune parti occidentali della stessa URSS. Le trattative con il governo italiano durarono a lungo (rigorosamente segrete). Come località per l’installazione dei missili fu scelta la Puglia, per la sua posizione orientale, più vicina al "nemico". Il quartier generale fu installato a Gioia del Colle dove i primi missili arrivarono dal febbraio al settembre 1960; oltre che a Gioia, i trenta missili furono schierati in altre nove postazioni, quasi allineate da nord-ovest a sud-est: Spinazzola, Gravina, Acquaviva delle Fonti, Altamura (due postazioni), Irsina, Matera, Laterza, Mottola. E’ evidente che le basi missilistiche americane in Puglia erano sotto il tiro diretto dei missili delle basi collocate nell’Europa orientale, e che la popolazione della Puglia sarebbe stata immediatamente colpita dalle bombe atomiche sovietiche se anche un solo missile, fosse partito. I missili erano in postazione verticale, pronti al lancio, visibili dalle strade vicine e dalle campagne. L’eventuale lancio poteva avvenire soltanto con l’uso di due "chiavi" di sicurezza, nelle mani di due ufficiali, uno americano e uno italiano. La storia di quei trenta missili nucleari in Puglia finisce con la crisi cubana; nell’ottobre 1962 gli americani scoprirono che l’Unione Sovietica stava installando dei missili nucleari a Cuba e Kennedy minacciò la guerra contro l’URSS facendo un blocco navale e impedendo che altre missili arrivassero nell’isola caraibica. Si ebbero frenetici contatti fra Kennedy e Krusciov: alla fine i missili sovietici tornarono indietro e l’America si impegnò a ritirare i trenta missili Jupiter dalla Puglia e gli altri quindici installati in Turchia. Solo due anni fà il popolo italiano veniva chiamato ad esprimere la propria opinione sul nucleare civile, e con un secco no lo ha accantonato perché tali impianti sono troppo rischiosi per la popolazione (il disastro della centrale nucleare di Fukushima Dai-ichi a seguito del terremoto e maremoto dell'11 marzo 2011 ha evidenziato i rischi che corrono tali tipi di impianti). Puo’ considerarsi un paese denuclearizzato a seguito di referendum popolare quando vede la presenza sul suo territorio di decine di ordigni atomici di potenza devastante? E perché la popolazione italiana viene tenuta all’oscuro di tale questione, e nessuna forza politica pone il problema di una corretta informazione nei confronti della popolazione?