TFR, Fondi Pensione e la Borsa.

Il silenzio (assenso) dei colpevoli.

 

Roma -

 

 

Non mi ricordo mai come dice quella storiella che mi piace tanto. Com’è? Una farfalla sbatte le ali in Africa e c’è il terremoto in India. O era in Sudamerica (la farfalla), e il terremoto in Cina? È una bella metafora, ma non mi ricordo mai come fa esattamente.

Semplifichiamo così: un impiegato del Wisconsin non riesce più a pagare il mutuo della casa, e un operaio che ha messo il suo TFR nei fondi pensione in Italia se lo prende in quel posto. È lo stesso, no? Più o meno. Credo che voglia dire che nel mondo tutto è collegato e tutto si tiene. Non so tra le farfalle e i terremoti, ma di sicuro quando bisogna fregare i lavoratori. Naturalmente nel furto con destrezza quello che conta è il tempismo.

Settecentotrentamila persone hanno deciso negli ultimi mesi di conferire i loro TFR ai fondi pensione, volontariamente.
Un altro milioncino di TFR è finito nei fondi pensione con il meccanismo del silenzio-assenso.
La Borsa italiana ha perso nelle ultime quattro settimane circa 74 miliardi di euro, più o meno il 9% del suo valore. Sarà anche vero che i fondi pensione italiani sono in gran parte costituiti da obbligazioni, ma resta più o meno un 30% del totale investito sul mercato azionario, e quindi nessuno può negare che ci siano state delle perdite.
Insomma: mettiamo che un paio di mesi fa hai messo il tuo TFR in un fondo pensione, ora te lo trovi un po’ smagrito. Di quanto? Poca cosa, per carità, qualche decina di euro al massimo. A pensarci bene è un prezzo accessibile per una buona lezione di capitalismo finanziario avanzato (e applicato: ai soldi nostri).

Resta da capire una sola cosa: come mai tutti i giornali e i tg e i guru della finanza, che fino a ieri si sbracciavano da pagine e schermi per parlarci della modernità di questo passaggio del nostro TFR alla Borsa, ieri erano tutti muti? Niente cifre, niente calcoli, niente analisi. Che stranezza, vero? Saranno in ferie. Oppure solo un po’ tristi: è il silenzio (assenso) dei colpevoli.

 

Alessandro Robecchi

Fonte: Il Manifesto