Il Tesoro ha pubblicato i redditi dichiarati nel 2012. I dipendenti guadagnano in media 20 mila euro, i loro padroni 17 mila euro, mentre i pensionati denunciano 15.780 euro

Cagliari -

 

Il reddito complessivo dichiarato dagli italiani per l’anno d’imposta 2011 è di 800 miliardi, quanto la spesa annua dello Stato, e gli italiani hanno versato un’imposta netta totale di 142,3 miliardi di euro.

Il primo dato che spicca è come il 93% dell’Irpef è a carico dei lavoratori dipendenti e solo il 7% del totale a carico degli autonomi, i quali dichiarano per lo più redditi più bassi dei primi.

La metà dei 41,4 milioni di contribuenti italiani si ritrova sotto i 15 mila e 600 euro annui. Vuol dire che 20 milioni di italiani vivono con poco più di mille euro al mese (a metà degli italiani non supera i 15.600 euro, mentre il 95 % non supera i 35.819 euro).

Quella del Dipartimento delle Finanze del Ministero dell’Economia è una fotografia della povertà delle famiglie in tempo di crisi. Sembra di leggere un manifesto delle diseguaglianze sociali. Rispetto al 2008, anno di inizio della crisi, ci sono 350.000 lavoratori dipendenti in meno, 190.000 pensionati in meno, anche grazie alle ripetute riforme, 32.000 imprenditori in meno e 138.000 soggetti in meno che dichiarano redditi da partecipazione. Rispetto al 2011, 160 mila lavoratori dipendenti in meno, 66 mila pensionati in più.

Mentre 20 milioni di italiani (che di fatto sono i nuovi poveri) vivono con un reddito mensile di poco superiore a 1.000 euro, circa due milioni di contribuenti (il 5% del totale), detiene circa un quarto del totale dichiarato, esattamente il 22,7% (dispongono di 250 miliardi di reddito annuo). Gli altri restanti 550 miliardi se li dividono 39 milioni di italiani. Anche quest’anno si conferma un dato statistico vergognoso: gli imprenditori italiani sono più poveri dei propri dipendenti. Ogni anno è la stessa solfa, ma non ci stancheremo mai di stupirci, perché è un modello che non cambia mai, anzi peggiora. Il reddito medio degli imprenditori-padroni è di 17.470 euro (per “imprenditori” si intendono anche i titolari di ditte individuali, cioè coloro che non hanno dipendenti; vengono esclusi i redditi delle società), mentre quello dei dipendenti è di 20.280, mentre i pensionati denunciano 15.780 euro; infine il reddito medio dei lavoratori autonomi è di 36.070 euro. Dal 2008 al 2012 i redditi degli imprenditori calano del 11%, quello dei dipendenti del 4,6%, quello degli autonomi del 14,3%, mentre quello dei pensionati cresce del 4,6%.

Il guadagno medio degli italiani scende in termini effettivi (19.750 euro), ed è ancora maggiore se si considera l’inflazione del periodo; i redditi medi della Sardegna si attestano 16.840 euro, (con un calo del 2,2 % sul 2011 e meno 7,4% sul 2008), mentre i redditi medi della regione più forte (la Lombardia) sono a 23.320 euro. L’Italia è divisa in tre aree, con tutto il sud e le isole al di sotto dei 17.000 mila euro, con punte più basse in Calabria, che ha un reddito medio di 14.170, e in Sicilia con 15.740 euro, le Marche e l’Umbria di poco al di sopra dei 18.000 euro, e tutte le regioni del nord, insieme a Lazio, Toscana, Emilia e Romagna al di sopra dei 20.000 euro. Se si guarda al peso dell’Irpef, più di 10 milioni di italiani hanno un’imposta netta pari a zero, contribuenti che rientrano nelle soglie di esenzione.

Le ultime dichiarazioni Irpef confermano sostanzialmente una tendenza già evidenziata dall’indagine 2012 Bankitalia sui bilanci delle famiglie, dove a spartirsi il 46,6% della ricchezza netta totale è il 10 % delle famiglie

E’ necessario riequilibrare la pressione fiscale diminuendola drasticamente sui lavoratori dipendenti, i precari, i disoccupati, i pensionati e introducendo meccanismi tali da costringere lo Stato a perseguire davvero gli evasori fiscali, a tassare adeguatamente i grandi patrimoni e le transazioni finanziarie. I lavoratori dipendenti e i pensionati non sfuggono al prelievo mentre il popolo delle partite IVA bellamente e allegramente si godono i servizi dello Stato a costo quasi zero. Non possiamo che considerare ladri gli evasori fiscali e i politici che li proteggono, che hanno la ferma volontà di non combattere l’evasione fiscale. Assistiamo ormai da decenni ai numerosi teatrini elettorali dove tutti, si impegnano a combattere l’evasione fiscale e a far emergere il sommerso che vale un’ enormità ( tra i 250 e 300 miliardi di euro l’anno pari al 16-18% dell’intera ricchezza annua prodotta in Italia). Ma evidentemente ancor di più i partiti non intendono rinunciare alla gestione disinvolta della montagna di denaro (finanziamenti pubblici, rimborsi elettorali, eventuali finanziamenti in nero etc.) che verrebbero inevitabilmente controllati se si decidesse una volta per tutte ad utilizzare la moneta elettronica in luogo della cartacea per regolare gli scambi commerciali e non solo. Il principale strumento a nostra disposizione sarebbe, l’utilizzo obbligatorio dei circuiti monetari elettronici. Per non continuare a pagare le tasse sempre gli stessi: pensionati e lavoratori dipendenti.