2013, ARRIVA L'ASPI: ancora un tassello per la distruzione delle tutele dei lavoratori
EDITORIALE USB
Nel pieno della crisi economica e con la cassa integrazione che nell’anno 2012 esplode ad oltre un miliardo di ore, con migliaia di aziende che licenziano, chiudono, ristrutturano, il 2013 si apre con l’entrata a regime della nuova normativa sugli ammortizzatori sociali, un altro tassello nella distruzione delle tutele dei lavoratori ed un nuovo regalo ai padroni.
La legge del 28 giugno 2012, n.92, del ministro Fornero, votata da quasi tutto il parlamento, nasce dopo una violenta ed insistente campagna mediatica, vero fumo negli occhi dei lavoratori, con la quale il governo Monti spiegava quanto fosse scandaloso che vi fossero lavoratori privi di ogni tutela, contrapposti ai cosiddetti “privilegiati”, con contratti di lavoro a tempo indeterminato e tutelati dai licenziamenti illegittimi dall’art.18 dello Statuto dei lavoratori.
La soluzione, a detta del governo, passava estendendo le tutele a tutti i lavoratori e per far questo era necessario riscrivere le norme dei diritti e degli ammortizzatori sociali.
In realtà la riforma degli ammortizzatori sociali si è trasformata nel terzo attacco ai diritti dei lavoratori. Dopo aver colpito le pensioni e ridotto le tutele previste dall’art. 18, hanno cercato di convincerci che anche da noi fosse necessario perseguire il modello vigente in altri paesi europei, quella flexicurity che interviene realmente nel caso di perdita del posto di lavoro o di lavori precari con misure di forte sostegno come il reddito minimo o indennità di disoccupazione, con aiuti per la casa, per la scuola, i trasporti, la cultura, ecc.
La riforma "alla Fornero", viceversa, mentre non offre nessuna delle tutele offerte da questo modello di welfare, ha tolto gran parte delle tutele a chi le aveva ancora e introdotto l’Aspi (assicurazione sociale per l’impiego) che seppur estesa a settori attualmente tutelati solo per mezzo della Cigs e mobilità in deroga, riduce notevolmente i periodi di copertura e gli importi economici dei già magri livelli previsti dai precedenti ammortizzatori sociali. Per i settori non coperti dalla CIG, vengono istituiti i “fondi di solidarietà bilaterali “ obbligatori, con contributi a carico di lavoratori e datori di lavoro, costituiti tramite accordi con le organizzazioni sindacali “comparativamente più rappresentative a livello nazionale” che avranno il compito di gestire i fondi per la copertura economica dell’Aspi, sulla falsariga di quanto già avviene, ma in questo caso ancora su base volontaria, per i fondi pensionistici o la sanità integrativa. Un altro tassello della privatizzazione dello stato sociale.
Gli effetti di questa vera e propria controriforma, combinati con la riduzione delle tutele dell’art.18 e con la riforma delle pensioni, descrivono uno scenario da incubo per tutti i lavoratori, precari e non, dipendenti da aziende in crisi o di aziende che approfittano della crisi per ridurre il personale o liberarsi di lavoratori scomodi. La scomparsa progressiva della Mobilità e, dal 2016, della Cigs per le aziende in procedura concorsuale (fallimento, concordato preventivo, liquidazione coatta, amministrazione straordinaria), come anche la eliminazione della CIG in deroga, indicano chiaramente come la maggioranza parlamentare che ha votato le leggi proposte dal governo Monti intende affrontare le crisi aziendali: licenziando i lavoratori.
Non sorprende più di tanto che, di fronte a questa furia distruttiva di quanto rimaneva delle conquiste operaie, oltre quelle indette dal sindacalismo di base conflittuale, non vi siano state grandi mobilitazioni. Anzi, in alcuni dei documenti dei sindacati complici, come Cisl e Uil troviamo un’ esplicita rivendicazione della legge, mentre da parte Cgil, schiacciata sulla posizione del Partito Democratico, le uniche voci di dissenso si sono levate solo da quelle componenti, come la Rete 28 Aprile, che, insieme a noi, hanno promosso manifestazioni e partecipato alle iniziative contro i vari provvedimenti del governo Monti.
Nel corso dello scorso anno abbiamo fatto scioperi e manifestazioni, abbiamo cercato di ostacolare con ogni mezzo la riforma delle pensioni, la modifica dell’art.18, degli ammortizzatori sociali, le inique misure fiscali, l’attacco ai dipendenti pubblici e privati, la cessione ai privati di quell’immenso patrimonio pubblico costituito dai beni comuni (acqua, trasporti, sanità ecc.). Iniziative, che per quanto ben riuscite, hanno risentito dell’iniziale consenso attribuito al Governo Monti da quanti, anche tra i lavoratori, plaudivano alla caduta di Berlusconi. L’azione del governo dei professori ha chiarito a tutti che esso in effetti rispondeva esclusivamente agli interessi delle banche e del grande capitale. Le grandi manifestazioni contro il governo Monti, tra cui quelle del 31 Marzo a Milano e del 27 Ottobre a Roma, indicano che vi è una parte sempre più grande del mondo del lavoro disponibile a lottare per riconquistare salario, diritti e stato sociale.
Come USB continueremo a costruire mobilitazioni e a lottare, sempre più convinti che non è quello proposto dall’agenda Monti il modo per uscire dalla crisi. Loro vogliono togliere ogni vincolo, spazio di contrattazione, tutele, noi vogliamo ampliarle, con la lotta ed il sostegno dei lavoratori.