Albanese pestato a morte a Villasor. Un incidente di percorso o una storia di ordinario razzismo?
Editoriale locale
Il decesso del barista albanese Artan Meta,45 anni è avvenuto dopo sei giorni di coma all'ospedale Brotzu, dove era stato ricoverato in gravissime condizioni e operato nel tentativo di ridurre un vasto ematoma cerebrale, dopo l'aggressione subita con calci e pugni ad opera di un diciottenne del posto.
Meta viveva a Villasor, nel Medio-Campidano, ad una ventina di chilometri da Cagliari, dove lavorava, al bar Mondial. Si adoperara in mille modi, tutti onesti, per arrivare alla fine del mese. Artan Meta era conosciuto e ben voluto da tutti a Villasor. Qualche giorno fa era stato aggredito da uno studente 18enne. Sono comparse polemiche sulla stampa locale, a corollario del fatto gravissimo, che sono salite all’onore della cronaca, per le sue dichiarazioni pubblicate sul proprio profilo Facebook: Qui riportiamo quanto scrive il giornale Casteddu on line “Lo ha picchiato selvaggiamente con calci e pugni dopo un rimprovero, ma non sembra affatto essersi pentito. Tanto che nel suo stato di Fb ha scritto una frase che, se possibile, è ancora più grave dell’omicidio preterintenzionale del quale dovrà rispondere. Questa la frase choc scritta da N...M.... sul social network, che provoca la rabbia di tantissime persone: “Cess cess mi devo mettere sempre nei casini ma che cazzo di gente di merda…te lo avrei voluto dare più forte quel cazzo di calcio in faccia, a su mancu ci crepasta bruttu fill’e bagassa”. Pubblichiamo questo post nella sua crudezza soltanto nella speranza che tale violenza, tale maleducazione e tanto razzismo nei confronti di una persona straniera, morta ingiustamente, non si ripetano.
L'aggressore pare avesse chiesto pubblicamente scusa precedentemente all'immigrato albanese, ma se così fosse, evidentemente, erano scuse di comodo.
La famiglia della vittima, ha deciso, dimostrando un alto senso di generosità, e solidarietà, di donare gli organi di Artan; e quegli organi sono stati reimpiantati su tre persone che grazie a questo gesto potranno vivere meglio.
Così, paradossalmente, quella persona che per qualcuno (speriamo pochi) e per una parte del comune sentire, non meritava di vivere e non valeva nulla nella sua dimensione intera e personale di uomo straniero appartenente ad altra etnia, dovuto a quel razzismo strisciante che a volte emerge ed esplode in fatti devastanti, forse, quella persona vale molto di più ora perché è possibile smembrarla per i “pezzi di ricambio che offre”. Il funerale si terrà in Albania, mentre a Villasor per il 1° Febbraio 2013 è stata organizzata una fiaccolata in sua memoria contro ogni genere di violenza, per dimostrare che esiste un’altra Italia, un’altra Sardegna, un altro comune sentire che non si identifica con quello di questo giovane preda di istinti razzisti e arcaici, istinti che non sa governare e guidare.
Il giovane, denunciato dai carabinieri per lesioni personali gravi, ha visto aggravarsi la sua posizione e la denuncia si è tramutata in quella di omicidio preterintenzionale.
Intanto “l’assassino resta libero, per i pm non ci sono i presupposti per la custodia in carcere”, titola la stampa locale, non ritenendo sussista il pericolo di fuga o di inquinamento delle prove, né tantomeno di reiterazione del reato. Ci chiediamo che risonanza avrebbe avuto sulla stampa un fatto del genere a parti invertite, cosa che avremmo in ogni caso stigmatizzato. Riflettiamo sulla disparità normativa, che il legislatore ha voluto riservare per gli stranieri: per il reato di clandestinità, si finisce in galera, per un omicidio preterintenzionale o anche colposo si resta a piede libero o agli arresti domiciliari.
Le parole che scrive questo ragazzo danno un'idea della carica di odio, di vuoto esistenziale e di non senso che sono al centro della sua vita. Sono dei tasselli importanti per inquadrarne la personalità e certamente saranno agli atti quando verrà giudicato. Ci colpisce che sia stato commesso un omicidio per futili, banali e abbietti motivi, aggravato dall'odio razziale.
Ma questo è probabilmente il frutto avvelenato di una subcultura che spesso diviene istituzione e governo di intere aree dell’Italia e persino del governo nazionale. Aspettiamo che la giustizia compia il suo corso, che emetta una sentenza giusta, e che questo giovane abbia il tempo per riflettere sul valore della vita di un essere umano.