Amianto, il risarcimento per la morte del lavoratore va sempre personalizzato
Corte di cassazione - Sezione lavoro - Sentenza 8 ottobre 2012 n. 17092
Il danno complessivo, biologico e morale, da riconoscere ai lavoratori esposti all’amianto non può essere liquidato in misura fissa per ogni giorno di malattia ma va personalizzato alla luce della intensità delle sofferenze, anche psichiche subite. Il risarcimento deve ristorare interamente il danno subito, tenere conto dell'insieme dei pregiudizi sofferti, compresi quelli esistenziali, purché sia provata nel giudizio l'autonomia e la distinzione degli stessi, dovendo il giudice, a tal fine, provvedere all'integrale riparazione secondo un criterio di personalizzazione del danno, che, escluso ogni meccanismo semplificato di liquidazione di tipo automatico, tenga conto, pur nell'ambito di criteri predeterminati, delle condizioni personali e soggettive del lavoratore e della gravità della lesione e, dunque, delle particolarità del caso concreto e della reale entità del danno.
Lo ha stabilito la Corte di cassazione, accogliendo il controricorso degli eredi di un portuale, deceduto per mesotelioma pleurico, contratto per inalazione ed esposizione a fibre di amianto. In Appello la corte, aveva liquidato una somma complessiva di 19.800 euro, definita “risibile” dagli eredi; la valutazione era stata di un danno non patrimoniale di 150 euro al giorno per 132 giorni di malattia.
Un criterio riduttivo secondo la Cassazione che ha rilevato come “in caso di lesione dell’integrità fisica che abbia portato ad esito letale, la vittima che abbia percepito lucidamente l’approssimarsi della fine attivi un processo di sofferenza psichica particolarmente intensa che qualifica il danno biologico e ne determina l’entità sulla base non già (e non solo) della durata dell’intervallo tra la lesione e la morte, ma dell’intensità della sofferenza provata”.
Quindi , “in caso di lesione di un diritto fondamentale della persona”, è sbagliato adottare parametri solo temporali perché non tiene conto della personalizzazione del caso; dovrebbe tener conto invece delle condizioni personali e soggettive, del decorso della malattia, della concreta penosità della stessa, delle ripercussioni sulla vita del danneggiato, delle cure praticate e delle relative prospettive ed in genere di ogni ulteriore circostanza rilevante ai fini dell’intensità della sofferenza provata.
Toccherà alla Corte di appello di Trieste a dover decidere sulla base dei precedenti principi.