ASL OLBIA-Atto Aziendale 2013: tanto ospedale poco territorio e scarsa prevenzione
i sindaci galluresi pronti ad approvare
Si è svolto il 19 febbraio, nella sede della provincia, il tavolo tecnico sull’atto aziendale 2013 con i vertici aziendali, sindacati confederali e sindaci; il presidente di una provincia ormai agonizzante (a seguito della sua abolizione), confortato dal Direttore Generale dell’Asl 2, si rifiuta senza motivare, di dare la parola alla rappresentante della sanità della USB, dipendente della ASL 2 e, solo l’intervento dei sindaci presenti, consente al nostro rappresentante un brevissimo intervento di soli due minuti. Come USB ribadiamo, ancora una volta, che la stesura del documento di programmazione concentra le attenzioni soprattutto sull’assistenza ospedaliera e non su quella territoriale. La USB sostiene da anni la funzionalità e l’offerta dei servizi territoriali che crea le condizioni per un utilizzo corretto dei servizi ospedalieri, perché più rispondenti ai bisogni di un’utenza che vuole essere curata a domicilio, evitando i ricoveri impropri.
Ma le richieste dei sindaci sono, purtroppo, concentrate su un numero maggiore di posti letto; e basta una rimodulazione degli stessi in aumento per far incassare ai vertici aziendali un maggiore consenso che potrebbe portare all’approvazione dell’Atto. Ci chiediamo se ai sindaci dell’Alta Gallura forse sfugge che mentre ad Olbia viene istituita una struttura semplice per la sincope in ambito territoriale (in tutta Italia tali strutture sono inserite in ambito ospedaliero), la persona colpita da infarto, di notte, non può sperare di trovare un cardiologo all’ospedale di Tempio. Avrebbero a nostro avviso dovuto insistere sulla cardiologia strutturata e non accontentarsi di qualche cardiologo in più perché, si sa che, per garantire la continuità notturna non sono sufficienti nemmeno quattro cardiologi; ma quel che è peggio, si progetta di destinare un altro cardiologo per il servizio della sincope.
Il sindaco di Olbia, assente anche questa volta, avrebbe dovuto accorgersi che il territorio ha bisogno di ben altro, ad esempio di un maggiore supporto all’attività dello scompenso cardiaco (un solo cardiologo con una sola infermiera opera nel territorio supportando i medici di famiglia per oltre 500 pazienti con tali problematiche). Lo invitiamo a cliccare sul sito “Unit sincope” per avere qualche dato e nozione. Se fosse stato più attento ai bisogni della cittadinanza, avrebbe dovuto accorgersi che ad esempio il cittadino di Olbia viene inviato a Tempio in ORL (otorinolaringoiatria) per un semplice sanguinamento dal naso perché al Pronto Soccorso non c’è neppure un otorino e nell’ambulatorio del Distretto di Olbia non viene garantita tale prestazione, o che per un semplice interventino di dermatologia bisogna andare a Sassari o a Nuoro. Si è preferito dirottare i fondi destinati all’emodinamica ad un servizio non indispensabile che comporta comunque impegno di risorse aziendali; risorse che avrebbero potuto essere gestite in modo più efficace, magari incrementando l’offerta per ridurre le liste d’attesa per comuni esami cardiologici, senza ricorrere alle prestazioni aggiuntive.
Non crediamo sia sfuggito ai più attenti la trasformazione della struttura semplice Cure Primarie (Medici di famiglia e di Guardia Medica) in struttura complessa, attribuendogli funzioni maggiori e più specialistiche. All’attribuzione di tale maggior peso in altre regioni (ad esempio in Emilia) si è giunti dopo 30 anni di assistenza territoriale e domiciliare, in quanto i Medici di Medicina Generale si sono messi in gioco come promotori di progetti. Con anni di esperienza e, rivedendo continuamente l’organizzazione, in quelle regioni si è arrivati al modello dipartimentale, quello che questo atto aziendale vuole imitare. Ma quì manca tutto il percorso intermedio. Bastava che i tecnici ai quali il Direttore Generale dell’ASL n. 2 ha affidato la stesura dell’atto, si fossero consultati con i professionisti del settore e avessero verificato che, quanto previsto per il Distretto nel precedente atto (da loro redatto) non si era realizzato, e non avrebbero progettato il dipartimento delle attività distrettuali, soprattutto perché le linee-guida della Regione non obbligavano alla costituzione del dipartimento.
Altro errore è l’istituzione dell’Assistenza Integrata con valenza aziendale: già in passato (anno 2000 e dintorni) un unico dirigente si occupava di tutto il territorio aziendale; fù un fallimento che portò a ripensare alla riorganizzazione per distretto delle cure domiciliari secondo la peculiarità dei due territori dell’alta e della bassa Gallura.
Per quanto riguarda il Centro Unico di Prenotazione (CUP), l’atto aziendale creerà dei disagi all’utenza. Era il fiore all’occhiello con la precedente coordinatrice (conosciuta a livello regionale grazie alla sua esperienza maturata sul campo in Toscana prima che approdasse nell’ASL n. 2), è divenuto ormai il simbolo del disfacimento aziendale, nonostante i consistenti incentivi a fronte di un servizio inefficiente. Con il nuovo affidamento di gestione alla Struttura delle Cure Primarie, alla prima esperienza in merito, che verrà supportata da una nuova struttura semplice amministrativa, non è stato chiarito come il servizio verrà offerto al cittadino. La normativa regionale centralizza il CUP e il SISA (Servizio Informatico Sanitario e Amministrativo) in una macroarea e attribuisce la loro gestione all’Assemblea dei Direttori Generali (la gestione Regionale è stata voluta per centralizzare tutte le prenotazioni e tutti i dati riguardanti tutte le attività territoriali, comprese quelle dei centri accreditati). Questo atto aziendale sminuisce l’importanza di tale centralità, e non definisce la gestione della riscossione e l’utente potrebbe dover fare separatamente quello che, attualmente, viene previsto da un solo servizio e da un solo operatore (l’utente può effettuare nello stesso sportello sia la prenotazione che il pagamento ticket).
Altro capitolo infelice di questo atto è quello della Riabilitazione. Nell’ASL n. 2 la riabilitazione è stata affidata da oltre 30 anni, quasi esclusivamente e per l’80% della spesa ad erogatori privati, con il conseguente abbandono di progetti di crescita e miglioramento delle strutture pubbliche. A vostro avviso quest’atto aziendale avrebbe dovuto creare le condizioni per il decollo della riabilitazione pubblica; ma a nulla è valso costituire un gruppo di lavoro che ha visto il coinvolgimento di una figura esterna al costo di 62.000 euro l’anno. Difatti la proposta del gruppo, che suggeriva un progetto che prevedeva la costituzione di un dipartimento strutturale per costruire un sistema integrato aziendale della riabilitazione, non è stato recepito a favore di un dipartimento funzionale che è cosa ben diversa. L’atto aziendale, infatti, istituisce una struttura complessa di Riabilitazione ospedale/territorio senza chiarire se la già esistente struttura complessa di Tempio sopravviverà o quant’altro (due direttori sarebbero di troppo e questo comporterebbe un raddoppio dei costi). E’ evidente che chi ha effettuato la stesura dell’atto non si è confrontato con i professionisti della riabilitazione. I grandi obiettivi di rilancio della riabilitazione pubblica, ripetutamente sbandierati dalla Direzione Aziendale, si scontrano con un atto aziendale reticente, confusionario e comunque penalizzante per lo sviluppo della riabilitazione pubblica: così ancora una volta, si potrà dire che il pubblico non è capace ed è inefficiente per continuare ad affidare il servizio al privato.