Cassazione: la sentenza in allegato e il commento sulla inapplicabilità degli studi di settore in condizioni di "non normale svolgimento dell'attivita'"

In allegato la sentenza della Cassazione

Cagliari -

 

 

L’applicazione degli studi di settore è esclusa nelle ipotesi in cui si rilevi che l’azienda abbia proceduto di recente a licenziare i propri dipendenti. Secondo la Corte di cassazione, infatti, - sentenza n. 8706 del 10 aprile 2013 – il licenziamento di due lavoratori, unitamente ad altri elementi, come, ad esempio, il passaggio di quote societarie e la volontà di un socio di giungere allo scioglimento del rapporto sociale, può far desumere una situazione di “non normale svolgimento dell’attività”, tale da escludere l’applicazione dei parametri previsti, dovuto al fatto che la società contribuente vada al di sotto del livello determinato sulla base dello studio di settore, con la conseguente situazione di assoluta anormalità riferita al periodo preso in considerazione dall’Amministrazione finanziaria. 

 

 

 

Nella fattispecie, la Cassazione ha accolto, con rinvio, il ricorso di un’impresa che si era opposta alla decisione con cui i giudici di merito avevano confermato un accertamento basato sullo scostamento del reddito dallo studio di settore non tenendo in alcuna considerazione elementi dai quali poteva desumersi una situazione non normale per l’azienda, ossia due licenziamenti, un conflitto tra due soci e un passaggio di quote societarie. Questi elementi hanno indotto la sezione tributaria ad accogliere il ricorso presentato dalla contribuente, rimettendo così in discussione l'intero accertamento. Diventa più difficile in tempi di crisi l'uso degli studi di settore, divenendo gli standard non applicabili alla società costretta a licenziare il personale.  

 

Ora gli atti torneranno alla commissione tributaria regionale che dovrà riconsiderare l'intera faccenda. Infatti avevano sbagliato i giudici di merito a non considerare i due licenziamenti e gli aspri contrasti fra i soci. Tutti questi elementi, dice la Corte, non erano stati considerati dai giudici di merito in rapporto, fra l'altro, alla prevedibile cessazione dell'attività.

In allegato la sentenza della cassazione.