Da "capitani coraggiosi" ad evasori, la parabola dell'Opa Telecom.
L'Agenzia delle entrate vuole recuperare 1,6 miliardi di euro da Gnutti e soci per non aver pagato le tasse sulla vendita di Olimpia a Tronchetti. C'erano riusciti con l'aiuto di consulenti, uomini in divisa e politici
Andrea Di Stefano (Direttore "Valori" mensile dell'altrafinanza)
Una plusvalenza record (2 miliardi di euro).
Un evasione fiscale monstre (600 milioni).
E decine di altri milioni spesi in "consulenze" per garantirsi entrambe.
Il caso Telecom continua a condizionare l'economia e la politica italiana e continuerà ad instillare pillole al veleno sino a quando non sarà fatta piena luce sull'affare del secolo, la madre della stagione dei furbetti. Intanto, però, potrebbe costare un bel po' ai suoi protagonisti, cioè a soci e amministratori della scatola finanziaria lussemburghese di nome Bell, usata per incassare i profitti e non pagare le tasse.
E' arrivata, infatti, dall'Agenzia delle entrate una notifica da 1,6 miliardi di euro per non aver dichiarato in Italia, con l'aiuto come vedremo di una serie di professionisti e divise compiacenti, gli straguadagni che hanno indebitato fino al collo Telecom. Una storia, anzi "la storia", tra affari e politica alla maniera della seconda Repubblica, con gli scalatori senza soldi ma con tante amicizie nella finanza che conta (che li usa come teste d'ariete) e una politica debole che si accoda, tifa, spinge le carte.
L'Opa Telecom non aveva come protagonisti "capitani coraggiosi" ma corsari e pirati pronti a qualsiasi cosa per mettere le mani sul bottino. Una vicenda non molto dissimile dalle "privatizzazioni" dell'ex-Urss, quando diversi personaggi più o meno legati al regime acquisirono a prezzi di saldo pezzi pregiati delle imprese pubbliche, rivendendoli con favolose plusvalenze e connesse evasioni. Un'apoteosi di conflitti d'interesse e commistioni che coinvolge diverse grandi "privatizzazioni" italiane come la svendita di gran parte del patrimonio immobiliare pubblico.
Una stagione sulla quale sarebbe bene che calasse oltreché la scure della magistratura anche quella della politica. Ma troppo spesso la politica era ed è complice di questo sistema.
Che cosa ha accomunato Gnutti, Consorte, Fiorani, Tronchetti Provera se non la garanzia quasi assoluta che le reti di relazione e potere bi-partisan avrebbero garantito la buona riuscita dell'affare?
La storia è infatti bacata sin dall'inizio, dall'Opa originale su Telecom lanciata da Colaninno e Gnutti con il supporto di Mediobanca. Accanto al ragioniere di Mantova c'è infatti sin dall'inizio la finanziaria di Enrico Gnutti, quella Hopa dove si trovano a braccetto i "rossi" del Monte dei Paschi di Siena e della Unipol con gli "azzurri" della Fininvest, della Finanziere Gazzoni Frascara insieme a banche d'affari straniere come la Chase Manhattan e fondi di investimento più o meno intelleggibili. Controllata dalla Hopa c'è la Bell, la cassaforte lussemburghese dove è custodito il 22,5% delle azioni Olivetti che a sua volta controlla a cascata Telecom.
Un bel gioco di scatole cinesi che è stato appositamente pensato per garantire la vendita estero su estero lasciando le plusvalenze al riparo del fisco italiano.
Quando Gnutti e i suoi si mettono d'accordo con Tronchetti per vendergli il tutto sanno che la Bell di Lussemburghese ha solo l'indirizzo e quindi scelgono di mettersi al riparo con consulenti tributari che sono una certezza in materia: l'avvocato Dario Romagnoli e Claudio Zulli.
Romagnoli ha diviso il suo studio di diritto tributario ("Vitali-Romagnoli-Piccardi") con Giulio Tremonti fino al giorno in cui non è stato nominato ministro dell'Economia.
È un ex-ufficiale della Guardia di Finanza ed è stato compagno di corso di Marco Milanese, che di Tremonti è capo della segreteria.
Zulli è il commercialista di Gnutti, ma anche lui ha ottimi rapporti con il ministro, come ha ricostruito Carlo Bonini sulle colonne di Repubblica di ieri:
«Nell'estate del 2005, documenta l'intercettazione telefonica di un suo colloquio con Consorte nei giorni chiave della scalata Bnl: l'allora numero uno di Unipol lo chiama per chiedere un incontro con Tremonti. "Devo ringraziarlo di due o tre cosette e gli devo spiegare un po' di roba perché mi deve dare una mano su cose importanti"». Proprio la loro documentata memoria difensiva, costata a Gnutti secondo la ricostruzione di Fiorani ben 25 milioni di euro, viene considerata valida e determinante dagli ufficiali della Gdf che a più riprese, e su esplicite reiterate sollecitazioni della procura di Milano, indagano sulla reale nazionalità della Bell.
Le indagini non lasciano spazio a molti dubbi: a Milano, in via dei Giardini 7, allo studio legale "Freshfields Bruckhaus Deringer", domicilio fiscale dichiarato dalla Bell gli ufficiali delle Fiamme Gialle acquisicono 193 documenti che confermano che «Bell appare essere sempre stata priva di proprio personale e di propri beni strumentali in Lussemburgo», che «la maggioranza dei suoi soci ha residenza in Italia»; che lo studio legale Freshfields Bruckhaus Deringer di Milano «non si è limitato all'esame delle questioni legali riguardanti la società, ma ha predisposto le assemblee sociali e le riunioni del cda, redigendone ordini del giorno e verbali; ha steso contratti e accordi tra i soci; ha partecipato a riunioni dell'assemblea Olivetti e alla sottoscrizione di atti», ha lavorato ad operazioni cruciali in stretto contatto non con un ufficio in Lussemburgo, ma con quello della «signora Maurizia Gallia», segretaria di Gnutti.
C'è abbastanza per stabilire che Bell è una finanziaria esterovestita appositamente per evadere il fisco italiano.
Ma gli ufficiali che guidano gli uffici di Milano giungono a conclusioni diametralmente opposte.
E chi sono questi signori?
Sono gli stessi protagonisti dello scontro Visco-Speciale.
A partire dal tenente colonnello Virgilio Pomponi, arrivato a Milano nel 2002 come "capo delle operazioni" del Nucleo regionale di polizia tributaria, ufficio che risponde direttamente al generale Spaziante, ed è destinato ad assumere presto il comando del nucleo provinciale di polizia tributaria.
Pomponi è uno degli ufficiali per i quali Visco chiede l'avvicendamento. Secondo la campagna orchestrata dalla destra il suo allontanamento da Milano avrebbe prodotto «contraccolpi nelle indagini su Unipol e la lussemburghese Bell, nemmeno valutabili» nella loro gravità.
Pomponi è in realtà proprio l'ufficiale che redige il "verbale di constatazione" che chiude il primo accertamento su Bell concludendo che la società è più lussemburghese che italiana e quindi soggetta alla locale legislazione fiscale, che prevede l'esenzione sulle plusvalenze ottenute dalla cessione di partecipazioni azionarie.