Gli atenei perdono cinquantottomila studenti (meno 17% in 10 anni)
L’espulsione di massa dagli atenei continua. Dalle nostre università mancano all'appello cinquantottomila studenti rispetto a dieci anni fa. Gli iscritti sono scesi in dieci anni da 338 mila a 280 mila, con situazioni diverse a seconda di corsi e atenei. I giovani che rinunciano alla laurea sono sempre di più; le iscrizioni sono calate del 4 per cento in tre anni. Questo malgrado il nostro paese sia sotto la media europea per numero di laureati: nella fascia di età fra i 30 e i 34 anni da noi hanno il titolo il 19% dei giovani, in Europa il 30.
Tutto ciò avviene in un quadro di costante e progressiva riduzione delle risorse finanziarie e umane a disposizione del sistema, laddove l’Unione Europea conviene che presupposto delle politiche di tutti gli Stati membri deve essere il riconoscimento che «anche in un periodo di scarse risorse finanziarie, investimenti efficienti ed adeguati nei settori favorevoli alla crescita quali l'istruzione e la formazione costituiscono una componente fondamentale dello sviluppo economico e della competitività, i quali a loro volta sono essenziali per la creazione di nuovi posti di lavoro»
Sulla base delle rilevazioni OCSE, l’Italia occupa per spesa in educazione terziaria in rapporto al PIL il 32° posto su 37 Paesi considerati (dati 2009). Il Paese investe appena l’1,0% del proprio PIL nel sistema universitario contro una media UE dell’1,5% e una media OCSE dell’1,6%. Il ritardo dell’Italia si riscontra in tutto il quindicennio 1995-2009 analizzato dall’OCSE.
Sono pochi i laureati e i dottori di ricerca. Non soltanto matricole in fuga, l'intero sistema è al collasso. Questo è quanto emerge dalla dichiarazione del Consiglio Universitario Nazionale (CUN) (vedi allegato), che ha presentato i dati, il quale ritiene che tali emergenze, se non affrontate immediatamente con attenzioni e con soluzioni adeguate, informate e consapevoli, condurranno a una crisi irreversibile, in conseguenza della quale gli Atenei e le Comunità Accademiche non saranno più in condizione di assolvere i propri compiti istituzionali, di procedere alla formazione delle giovani generazioni, di promuovere la ricerca scientifica e di contribuire al contempo allo sviluppo e alla diffusione della cultura, valore costituzionalmente elevato a principio fondamentale della nostra Repubblica.
Infine un dato che fa da cornice al mancato diritto allo studio: il dato sulle borse di studio, che sono state ancora tagliate. Se nel 2009 era l'84% degli aventi diritto a ricevere l'aiuto, nel 2011 la copertura c'è stata soltanto per il 75%.
USB FEDERAZIONE SARDEGNA
La dichiarazione del CUN in sintesi:
Spesa per educazione universitaria in percentuale del PIL – dati 2009 . Il Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO) ha conosciuto una contrazione delle risorse tanto da essere, per il 2013, inferiore all’ammontare delle spese fisse a carico dei singoli Atenei. In termini reali sia rimasto quasi stabile dal 2001 al 2009, per poi scendere del 5% in termini reali ogni anno, con un calo complessivo che per il 2013 si annuncia prossimo al 20%.
Evoluzione del fondo di finanziamento ordinario. Tale riduzione va correlata alla minor spesa per stipendi dovuta alla riduzione degli Organici. La combinazione tra FFO e andamento degli organici costituisce fattore di forte tensione interna al sistema creando squilibri fra Atenei nei quali la riduzione del FFO è compensata da un elevato numero di pensionamenti e Atenei che si vedono ridurre la quota FFO senza beneficiare di significativi risparmi sulla spesa per il personale.
I dati sulle crescenti difficoltà finanziarie degli Atenei mostrano i segni di un evidente squilibrio territoriale che pone a rischio l’erogazione dei servizi formativi e la promozione delle capacità di ricerca proprio nelle aree del Paese che già scontano un maggiore disagio economico e sociale.
Percentuale dei laureati. Il numero di chi accede a un titolo di studio universitario, in Italia, è decisamente sotto la media OCSE, le cui rilevazioni riferite al 2010 collocano l’Italia al 34° posto su 36 Paesi considerati. In termini assoluti, nella fascia di età 30-34 anni, solo il 19% possiede un diploma di laurea, contro una media europea del 30% . Si ricorda che la Commissione UE, ai fini della strategia Europa 2020, chiede agli Stati membri di raggiungere una percentuale almeno del 40% di laureati in quella fascia di età. Nel Programma Nazionale di Riforma 2012 l’Italia si è impegnata a portare al 26-27% la percentuale di popolazione in possesso di un diploma di istruzione superiore.
Spesa per studente e diritto allo studio. Dalle rilevazioni OCSE, quanto a spesa cumulativa per studente per tutto il corso degli studi, l’Italia è al 16° posto su 25 Paesi considerati. In particolare, già nel 2008, come evidenzia il Rapporto sui laureati AlmaLaurea (marzo 2012), il costo totale per laureato, comprensivo dei costi connessi alla durata effettiva degli studi e di quelli riguardanti gli abbandoni, in Italia è inferiore del 31% rispetto a quello medio europeo. Nel periodo 2000-2008, l’incremento del costo totale per studente è in Italia pari all’8% contro una media dei paesi OCSE del 14% e dei Paesi UE19 del 19%.
In particolare, la spesa per il diritto allo studio ha subito un andamento contrario a ogni dichiarazione di principio: il fondo nazionale disponibile per finanziare le borse di studio tra gli anni 2009-2011 ha subito una riduzione che ha comportato una diminuzione degli studenti che hanno usufruito della borsa dall’ 84% al 75% degli aventi diritto.
Diminuzione delle immatricolazioni. Secondo i dati MIUR (Anagrafe Nazionale degli Studenti), gli immatricolati sono scesi da 338.482 (nel 2003-2004) a 280.144 (nel 2011-2012), ciò che significa un calo di 58.000 studenti pari al 17% degli immatricolati del 2003, come se in un decennio fosse scomparso un Ateneo grande come la Statale di Milano con tutti i suoi iscritti. La diminuzione degli immatricolati è solo in minima parte compensata dalle iscrizioni di studenti stranieri, il cui numero, nel periodo 2003-2012, ha conosciuto una crescita costante, passando da 8.252 a 11.510.
Il calo delle immatricolazioni è un fenomeno che riguarda tutto il territorio nazionale e, salvo limitate eccezioni, la gran parte degli Atenei.
Attrattività del sistema universitario. Gli indicatori relativi al rapporto immatricolati diciannovenni e immatricolati-diplomati, documentano che tra i diciannovenni, il cui numero è sostanzialmente stabile negli ultimi 5 anni (ISTAT), la percentuale di immatricolati sta decrescendo costantemente dal 51% nel 2007-2008 al 47% nel 2010-2011. Anche tra i diplomati, il cui numero è pure pressoché stabile dal 2000 a oggi (MIUR–Ufficio Statistica), la percentuale di chi s’iscrive all’Università diminuisce costantemente: dal 68% del 2007-2008 fino al 61% del 2011-2012. In confronto ai paesi OCSE, l’Italia si pone al 25° posto su 35, in termini di percentuale di giovani che si immatricolano.
Questi dati indicano chiaramente un diminuito interesse per l’istruzione universitaria e/o una diminuita capacità di accedervi, le cui cause vanno ricercate in due diverse direzioni: da una parte, nell’andamento negativo del ciclo economico con la conseguente diminuzione delle opportunità occupazionali per i laureati, a cui si aggiunge un mercato del lavoro pubblico e privato che non sempre riconosce il valore di un’elevata qualificazione scientifica o professionale; dall’altra, nei caratteri che hanno connotato le dinamiche universitarie degli ultimi anni, dalla contrazione delle risorse per il diritto allo studio, all’esaurimento della novità rappresentata dalla riforma universitaria con i due livelli di laurea e nuovi tipi di corsi di studio, alla contrazione del numero dei corsi di studio e anche al crescente ricorso al numero programmato.
Studenti fuori corso, inattivi e tempo di conseguimento della laurea. Secondo i dati MIUR disponibili, nel 2010-2011 gli studenti fuori corso corrispondono al 33,6% degli iscritti (598.512 su 1.781.786 e, in particolare, 336.585 donne su 1.017 .499, 261.927 uomini su 764.287 iscritti).
Per quanto riguarda il tempo di conseguimento della laurea, nel 2008-2009, il 35,9% degli studenti ottiene la laurea triennale nel tempo previsto mentre il 60,6% impiega un tempo maggiore e solo il 3,5% un tempo minore. La laurea magistrale nel 2008-2009 è stata conseguita nei tempi previsti dal 48,4% degli studenti.
Offerta formativa. La tabella e il grafico seguenti evidenziano una costante diminuzione dell’offerta formativa per quanto riguarda sia i corsi di laurea triennale sia i corsi di laurea specialistica/magistrale/ciclo unico. Per contro, il numero medio di studenti immatricolati per corso di studio è in continua crescita, è ormai superiore a 120 ed è destinato a crescere, nonostante la diminuzione delle immatricolazioni.
Rapporto Docenti-Studenti: Le ultime rilevazioni OCSE, per il 2010, evidenziano che contro una media di 15,5 studenti per docente, in Italia la media è di 18,7. Tali rapporti, prendono in considerazione sia i docenti strutturati sia quelli a contratto, anche nel caso in cui questi ultimi svolgano un’attività di insegnamento assai limitata.
Il personale per la ricerca. I dati relativi al numero degli assegnisti di indicano per gli anni dal 2007 al 2011 una significativa crescita: da 11.810 unità sino a un massimo di 18.300 unità, mentre il dato CINECA, per il 2012, indica 14.907 assegnisti.
Tale riduzione è in parte conseguenza delle modifiche legislative introdotte dalla l. 30 dicembre 2010 n. 240 che avrebbero dovuto comportare un significativo assorbimento di ex assegnisti nel ruolo di ricercatori TD tipo A e B. In realtà, il numero di RTD è passato dai 651 del 2009 ai 2.311 del 2012, con pressoché esclusiva presenza di RTD della tipologia A.
Il personale tecnico-amministrativo. Dopo una fase ascendente che dal 2004 al 2008 ha visto passare il personale tecnico-amministrativo da 52.474 a 56.603 unità, nel triennio 2008-2011, per effetto dei meccanismi di pensionamento anticipato e di blocco delle assunzioni è iniziata una fase discendente che ha portato alle perdita di 4.211 unità in tre anni (-7.4%) sino alle 52.392 unità del 2011 (fonte MIUR - Ufficio Statistica).
Il sostanziale protrarsi del blocco delle assunzioni fa presumere un ulteriore sensibile calo anche per il 2012 e per gli anni successivi, benché il sistema universitario non sia certamente diventato meno complesso e non siano venute
meno le necessità di personale sempre più qualificato addetto al supporto delle attività didattiche e di ricerca nonché alle attività amministrative, contabili e gestionali.
Finanziamento della ricerca. L’investimento italiano per la ricerca è notoriamente inferiore agli altri Paesi con cui la nostra economia compete a livello globale e che hanno considerato, proprio in questo periodo di crisi, la ricerca come motore di innovazione e sviluppo.
Il divario dell’Italia rispetto ai paesi europei di pari dimensione è dovuto principalmente all’esiguità del finanziamento pubblico. I tagli economici del periodo 2008-2013 non potranno che aggravare la condizione dell’Università italiana rispetto a quella dei principale paesi europei.
Numero dei ricercatori. Secondo le medesime rilevazioni, quanto al numero dei ricercatori l’Italia occupa le ultime posizioni fra i paesi OCSE, con circa 4 ricercatori per 1.000 persone occupate, contro una media UE di circa 7 ricercatori per 1.000 occupati e una media OCSE di quasi 8 ricercatori per 1.000 occupati.