Argomento:

I LAVORATORI DEL TRASPORTO PUBBLICO ..."nella corsia di lotta"

30 MARZO 2015 SCIOPERO NAZIONALE DI ORE 4

Cagliari -

Un CCNL bloccato ormai da 8 anni nella sua parte economica a fronte di una normativa sempre maggiormente sprezzante delle condizioni di lavoro e della sicurezza; anni in cui privatizzazioni, liberalizzazioni senza regole, il pesante taglio ai salari ha prodotto una voragine occupazionale, un esercito di cassaintegrati, mobilitati e precari che aumenta giorno dopo giorno in tutto il comparto dei trasporti.

 

 

Con la legge di stabilità prima, con le leggi delega sul lavoro poi, si rafforzano pesantemente le logiche delle privatizzazioni con miliardi di euro pubblici dirottati verso l’impresa privata, la cancellazione delle tutele, dei diritti e della rappresentanza per i lavoratori dei trasporti già aggrediti dallo stato di degrado generato dalla latitanza dei governi, delle istituzioni, dalla mala gestione nelle aziende pubbliche, dai miseri fallimenti delle privatizzazioni e dall'assenza di controlli da parte degli enti preposti.

 

 

Ma il Governo non sembra cambiare direzione e mira ad una riduzione, pari al 10% del valore dei contratti di servizio, del Fondo per il finanziamento del trasporto pubblico locale per le Regioni che non mettono a gara pubblica l'affidamento dei servizi di Trasporto Pubblico Locale. La stessa riduzione si potrà adottare se i bandi di gara non rispettano gli schemi definiti dall'Autorità di regolazione dei trasporti. Lo prevede un articolo"Misure per la liberalizzazione del settore" di una bozza di disegno di legge sul trasporto pubblico locale allo studio del governo, che l'agenzia stampa Public Policy ha preso visione.

 

Con il così detto “jobs act” si introducono meccanismi per i quali il lavoro precario diventa l'unico modello di riferimento; lo si fa attraverso una strumentale definizione di “contratto indeterminato a tutele crescenti”; nella pratica un sistema in perfetta continuità con le leggi c.d. “pacchetto Treu” e “legge Biagi”, a finale compimento di un percorso iniziato ormai da decenni senza produrre, peraltro, alcun incremento dei livelli occupazionali né alcun beneficio all'economia bensì solo precarietà di lavoro e di vita cancellando lo stesso diritto ad immaginare un futuro per intere generazioni. Una tipologia di contratto che, insieme alle nuove norme sui licenziamenti disciplinari e collettivi, elimina del tutto il diritto al reintegro in caso di licenziamento sostituendolo con un’indennità economica.

 

 

Si dice che queste misure riguardino solo i nuovi assunti, ma che ne sarà di tutti quei lavoratori che, per effetto delle privatizzazioni e dei passaggi di appalto, finiranno alle dipendenze di nuove aziende? Potrebbero essere considerati anche loro nuovi assunti, perdendo così in un sol colpo diritti maturati in anni di lavoro e di lotte.

 

Viene previsto il “demansionamento” del lavoratore in caso di necessità delle aziende (“revisione della disciplina delle mansioni, contemperando l’interesse dell’impresa all’utile impiego del personale in caso di processi di riorganizzazione, ristrutturazione o conversione aziendale”)...questo vuol dire che ogni singolo lavoratore è consegnato alla discrezionalità dell'azienda che in modo unilaterale e senza alcun bisogno di accordi tra le parti può decidere la modifica della sua mansione e retribuzione in funzione di ristrutturazioni o riorganizzazioni aziendali. Una vergognosa arma di ricatto che pesa sulla vita quotidiana deli lavoratori e delle loro famiglie.

 

Il reintegro sarà previsto solo per i licenziamenti discriminatori per motivi religiosi, politici o di orientamento sessuale. E' una ulteriore presa in giro per i lavoratori perché nessuno in Italia licenzia per questi motivi. In tutti gli altri casi, anche in quelli per motivi disciplinari, è previsto solo un indennizzo economico che diventa la regola generale in caso di licenziamento e che cresce con l’anzianità di servizio; può arrivare ad un massimo di 24 mensilità anche per chi lavora in azienda da più di 12 anni. Il reintegro si riduce drasticamente per i cosiddetti licenziamenti disciplinari in quanto il giudice non potrà entrare nel merito della sproporzione della sanzione del licenziamento rispetto al fatto contestato e, questo, vuol dire che il licenziamento diventa un atto totalmente discrezionale delle società.

 

Nei Licenziamenti collettivi, il reintegro in caso di violazione dei criteri di scelta (per es. la precedenza al licenziamento a chi non ha figli o familiari a carico), con il jobs act sparisce del tutto mentre il risarcimento viene modificato in un massimo di 24 mesi ad un minimo di 4, (prima era 24 e 18).

 

La nuova assicurazione sociale per l’impiego NUOVA NASPI (ex disoccupazione), sarà erogata solo per i primi tre mesi successivi alla fine del rapporto di lavoro poi scenderà del 3% ogni trenta giorni.

Si cancellano le funzioni degli organismi ispettivi del Ministero del Lavoro lavoro in quanto non c'è più nulla da “ispezionare” e/o controllare...le aziende hanno carta bianca!!!

Ma l'aggressione ai lavoratori del Trasporto Pubblico Locale va oltre.

 

Infatti, a fronte delle numerose società private e partecipate, su gomma e ferro, che denunciano difficoltà economiche a seguito della mal gestione e dei tagli economici che il governo ha sentenziato per tutti i servizi pubblici, la società “Ferrovie dello Stato” si pone a livello nazionale come nuovo gestore di una parte rilevante del servizio di Trasporto Pubblico Locale del paese acquisendo in modo diretto e/o indiretto la totale gestione del servizio in numerose regioni come la Toscana e l'Umbria facendo ingresso anche in Veneto, Liguria e Friuli Venezia Giulia.

 

Trattative serrate per le grandi città metropolitane nelle Regioni Lombardia, Lazio e Campania sempre attraverso la sua controllata “Bus Italia” che trova ampia e “rituale” complicità con le OO.SS. CGIL -CISL-UIL con le quali ha formalizzato un proprio CCNL che, come al solito, pesa tutto sulle spalle dei lavoratori.

 

Diretti testimoni gli autoferrotranvieri della Regione Umbria che si ritrovano i tempi guida giornalieri arrivare fino ad otto ore; turni spezzati in tre riprese in una disponibilità giornaliera che arriva fino a dodici ore; 39 ore, quelle settimanali, su una media calcolata in 17 settimane prevedendo un orario massimo settimanale di ben 48 ore.

 

Altro punto dolente è la previsione in caso di affidamento dei lotti di servizio.

In questo caso l'accordo prevede che i lavoratori possono essere subaffittati ad altre compagnie private locali senza una contrattazione sindacale che ne definisca modalità e tutele; si prevede la salvaguardia dei livelli retributivi ma non vengono mantenuti in essere i contratti integrativi (di secondo livello). Nell'applicazione di questo accordo/contratto viene fissato un tetto massimo per tutti gli integrativi per una somma di euro 40,00 (quaranta)...i lavoratori di Umbria Mobilità si vedono così sfilare il loro contratto integrativo che ammontava ad euro 224,00 (duecentoventiquattro)...il tutto condito con un nutrito taglio al servizio che coinvolge i cittadini tutti.

 

Questo il panorama che si pone ai lavoratori autoferrotranvieri, al paese tutto;

questi i risultati della politica di riduzione delle risorse per il welfare, per i servizi sociali locali, tra la spending review, il taglio ai fondi nazionali e l’ulteriore taglio ai finanziamenti agli enti locali.

 

Serve una risposta dal mondo del lavoro, serve una risposta forte degli autoferrotranvieri che non si piegano difronte all'attacco che CGIL,CISL e UIL hanno messo in campo con, il così detto, "testo unico sulla rappresentanza", attraverso il quale si vuole sancire il monopolio della stessa rappresentanza sindacale e far naufragare definitivamente il diritto all'esercizio di sciopero.

 

PER QUESTO INVITIAMO TUTTI I LAVORATORI AUTOFERROTRANVIERI

"NELLA CORSIA DI LOTTA"

30 MARZO 2015, SCIOPERO NAZIONALE DI ORE 4

 

CONTRO:

• TAGLI AI SERVIZI DI WELFAR LOCALE, AI FONDI PER LE POLITICHE SOCIALI, LIBERALIZZAZIONI, PRIVATIZZAZIONI, SVENDITA DEI BENI COMUNI;

• DELEGHE SUL LAVORO (jobs act);

• IL CONTINUO INNALZAMENTO DELL'ETA' PENSIONABILE;

• UN CCNL FANTASMA;

• IL MONOPOLIO DELLA RAPPRESENTANZA SINDACALE.