IL RAPPORTO ANNUALE DEL CENSIS

Il ceto medio frana, i redditi tornano ai livelli del '93. Le famiglie vendono l’oro, acquistano la bicicletta, coltivano l’orto, si risparmia sul carburante. I mutui per l'acquisto di abitazioni diminuiscono del 20%. Quasi tre milioni di persone cercano lavoro. La famiglia aiuta i propri componenti in difficoltà. L’81% degli italiani esprime un giudizio negativo sulla previdenza. Nel periodo di crisi 2008-2011 hanno subito i più forti impatti negativi i maschi (-46mila attivi, -438mila occupati), le persone con basso titolo di studio (927mila occupati in meno con il diploma di scuola media), e i residenti nel Sud (-129mila attivi, -300mila occupati).

Cagliari -

 

 

Il Censis vede "segnali di reazione degli italiani", e coglie numerosi "processi di riposizionamento nel sociale e nell'economia", non è tutto buio, quindi.
Gli italiani hanno dovuto imparare a loro spese che cosa significa spread e default, e tentano di navigare a vista nella crisi. Cercano nelle tradizioni un modello di sostegno al reddito. Risparmio, rinuncia e rinvio sono diventate per necessità le direttrici dei comportamenti familiari. Ma non c'è solo paura, trincea, lo sguardo rivolto al passato non è solo nostalgico, c’è anche rabbia (52,3%), e voglia di reagire (20,1%). 

 

Si torna a modelli che sembravano desueti, abbandonati in tempi di liberismo sfrenato: si torna all’agricoltura investendo anche in organizzazione competizione, e il modello cooperativo delle imprese cresce (+14% in dieci anni), aumenta il noleggio e il car-sharing. Cresce anche il numero delle imprese attente ai controlli e alle certificazioni di qualità, e il sapere legato alla scuola si "internazionalizza", aumentano gli scambi e i soggiorni all'estero di studenti e insegnanti, mentre il commercio inventa nuove reti e nuove forme di distribuzione. cambia il modo di informarsi degli italiani, sempre più legato ai social network e meno ai fenomeni tradizionali.  

 


La ricchezza delle famiglie - I dati rivelano che negli ultimi dieci anni la ricchezza finanziaria netta è passata da 26.000 a 15.600 euro a famiglia, con una riduzione del 40,5%. Questa è la media, se si scende nel dettaglio le cose sono andate bene per una quota di famiglie e per altre sono peggiorate. La quota di famiglie con una ricchezza netta superiore a 500.000 euro, è praticamente raddoppiata, passando dal 6% al 12,5%, mentre la ricchezza del ceto medio, tra 50.000 e 500.000 euro comprensiva anche dei beni immobili e mobili è diminuita dal 66,4% al 48,3%. E c'è stato uno slittamento della ricchezza verso le componenti più anziane della popolazione. Se nel 1991 i nuclei con capofamiglia di età inferiore a 35 anni detenevano il 17,1% della ricchezza totale delle famiglie, nel 2010 la loro quota è scesa al 5,2%.

 

Transazioni di beni immobili e mutui - Le compravendite risultano, a fine 2012, dimezzate rispetto al 2007, e «il 2012 potrebbe attestarsi su numeri persino inferiori a quelli del 1996 (nell'ordine delle 485mila transazioni)». La caduta degli investimenti nelle costruzioni negli ultimi 5 anni è del 25%, dato che tra 2008 e 2012 sale al 45% nel comparto residenziale. I mutui per l'acquisto di abitazioni diminuiscono del 20% nel periodo 2008-2011 rispetto al quadriennio precedente, con «una ulteriore contrazione del 44%» nei primi sei mesi del 2012 rispetto al primo semestre 2011.  

 

Giovani e persone in cerca di lavoro-   Quasi tre milioni di persone (+34,2% tra il primo semestre del 2011 e il primo del 2012), un aumento eccezionale, sono "persone in cerca di lavoro", definite nel rapporto job seekers. «Nei primi sei mesi dell'anno il numero degli occupati ha registrato una flessione dello 0,3% e sono stati bruciati più di 240 mila posti di lavoro destinati ai giovani» si legge nel Rapporto. La crisi «ha dato una netta accelerazione ad un processo di invecchiamento già in corso da tempo»: gli under 35 al lavoro scendono al 26,4% nel 2011 dal 37,8% di dieci anni fa.  

 

La scuola: "internazionalizzazione" e si scelgono percorsi tecnici -
I giovani a fronte al deserto di opportunità cercano nuove strade. Aiutati anche dalla scuola, i gli studenti sono andati all'estero per scambi culturali. Le scuole nell’ultimo quinquennio hanno partecipato a percorsi di "internazionalizzazione", (il 76,6% dei progetti va in questa direzione) ma che ci sono andati anche i professori (nel 38% delle scuole). E' I giovani che hanno deciso di completare all'estero la loro formazione superiore sono aumentati del 42,6%. E’ dunque una scuola sempre meno chiusa quella attuale. Diminuiscono le immatricolazioni universitarie (sono diminuite del 6,3%), in forte calo le iscrizioni a facoltà "generaliste", e i giovani si orientano verso "percorsi di formazione tecnico-professionale dalle prospettive di inserimento occupazionale più certe" (+ 2,7% tra il 2007 e il 2010).  

 

                                                                                                  

 

Crescono le imprese cooperative e i settori legati ad internet
I modelli produttivi tradizionali   barcollano (nel manifatturiero si registra il 4,7% di imprese in meno negli ultimi tre anni),  crescono nuovi settori, come quelli legati alle applicazioni di rete, e si rivaluta la cooperazione. Le imprese cooperative crescono del 14% tra il 2001 e il 2011, con incremento dell'occupazione  (+'8% di addetti tra il 2007 e il 2011). Ci sono poi circa 800 start-up del 2011 nel settore delle applicazioni Internet, la cui età media degli imprenditori è di 32 anni.  

 

 
Come gli italiani affrontano la crisi - Gli italiani reagiscono alla crisi anche con «difese strenue»: in due anni 2,5 milioni di famiglie hanno venduto oro o preziosi. Si tenta inoltre di eliminare sprechi ed eccessi, si va a caccia di offerte, si acquistano biciclette (ne sono state comperate 3,5 milioni), si vendono le auto, e si riducono gli spostamenti per risparmiare sul carburante, si coltiva l’orto (2,7 milioni di italiani lo fanno). La casa diventa un bed & breakfast (scelta compiuta dal 2,5% delle famiglie nelle grandi città), si affittano alloggi prima sfitti (+3,9%) o se necessario si vende la propria casa, senza ricomprarne una nuova e rassegnandosi a stare in affitto (2,6%).

 

Solidarietà familiare -  La famiglia, funziona da argine alla crisi e dà sostegno. Nel corso dell’anno corrente "il 29,6% delle famiglie ha realizzato un trasferimento economico a favore di un proprio componente, con un esborso annuo complessivo intorno ai 20 miliardi di euro".

 

Paure e iniquità generate dalla previdenza italiana. L’81% degli italiani esprime un giudizio negativo sulla previdenza (di questi, il 33% un giudizio «molto» negativo). Rispetto a un anno fa, la valutazione negativa degli italiani ha subito un balzo in alto di 25 punti percentuali. Il 74% degli italiani dichiara che la previdenza è peggiorata rispetto a cinque anni fa. Le aspettative per il futuro della previdenza sono per il 50% degli italiani di ulteriore peggioramento. C’è una torsione evidente del ruolo sociale della previdenza, che agli occhi degli italiani diventa un problema più che una risorsa, un sistema minato dall’interno da contraddizioni, che costa tanto e copre poco, con bassi redditi pensionistici attuali e futuri. Il 68% ritiene probabile che non riceverà una pensione adeguata in futuro, una percentuale che lievita tra i giovani fino al 93%.   

 

 

I gruppi sociali più colpiti nella crisi. Nel rapporto con il lavoro, nel periodo di crisi 2008-2011 hanno subito i più forti impatti negativi i maschi (-46mila attivi, -438mila occupati), le persone con basso titolo di studio (927mila occupati in meno con il diploma di scuola media) e i residenti nel Sud (-129mila attivi, -300mila occupati). Sotto il profilo del reddito disponibile, più a rischio sono ovviamente le famiglie marginali, tra le quali vanno annoverate quelle che escono dal rischio povertà solo grazie ai trasferimenti pubblici, oggi così minacciati. È vero che l’Italia non è tra i Paesi europei dove è più alta la quota di cittadini che i trasferimenti pubblici tengono lontani dal rischio povertà (il 5%, mentre nel Regno Unito è quasi il 14%, in Francia l’11,5%, in Germania il 6,6%), ma i tagli ai trasferimenti pubblici possono esercitare un effetto domino sulle famiglie, visto che per tante di esse contano i trasferimenti orizzontali, quelli intra-familiari.

 

 

La salute costa. La spesa sanitaria pagata dalle famiglie (ossia gli esborsi sostenuti direttamente dalle famiglie per acquistare beni e servizi sanitari) ammonta in Italia a circa 28 miliardi di euro, pari all’1,76% del Pil. Il modello assistenziale socio-sanitario continua a coprire solo una parte dei bisogni, lasciando scoperti i soggetti che esprimono le necessità più complesse a lungo termine. Il Censis ha stimato i costi sociali diretti a carico delle famiglie per alcune patologie croniche e a forte impatto sulla qualità della vita: 6.403 euro all’anno per l’ictus, 6.884 per il tumore, 10.547 per l’Alzheimer.

 

 

Le reti familiari: l’unione fa la forza. La tradizionale forza della famiglia, soggetto centrale dello scambio di risorse e forme molteplici di sostegno tra i suoi diversi componenti, assume, in questa fase ormai avanzata della crisi economica, una ulteriore rilevanza. Complessivamente, il 59,4% delle famiglie ha dato o ricevuto nell’ultimo anno almeno una forma di aiuto, come tenere i bambini (17,3%) o fare compagnia a persone sole o malate (15,9%), partecipando alla rete informale di supporto. Manca nel nostro sistema una logica redistributiva. Il meccanismo retributivo, in base al quale è erogata la quasi totalità delle pensioni vigenti, fa sì che le prestazioni più alte assorbano una quota rilevante di risorse: il 45,5% dei titolari di pensioni più basse (con reddito pensionistico medio mensile di 579 euro) pesa per il 20,4% sull’ammontare totale delle pensioni, mentre il 4,6% dei titolari di prestazioni della fascia più alta (che ricevono in media 4.356 euro al mese) ha un’incidenza di poco inferiore sul totale della spesa (15,7%).

 

 

Il decisivo ruolo del capitale umano nella sanità italiana. La sanità italiana cammina sulle gambe di oltre 724mila persone: 237mila medici, 334mila infermieri, 49mila unità di personale con funzioni riabilitative, 45mila con funzioni tecnico-sanitarie, 11mila di vigilanza e ispezione.

 

A cura di USB Sardegna