La Nuova Sardegna - L'enigma Tfr: dieci giorni per decidere
Il trenta giugno, termine ultimo entro il quale i lavoratori dipendenti del settore privato dovranno decidere la destinazione del Tfr, si avvicina. E si moltiplicano le iniziative per fare chiarezza in un settore tutt’altro che privo di interrogativi. Il primo, forse quello più sentito dai diretti interessati, si riassume in una semplice domanda: conviene lasciare il Tfr in azienda o affidarsi ai fondi complementari? O meglio scegliere un mix tra le due opzioni? A queste domande ha tentato di dare una risposta il seminario di studi promosso ieri dall’Inps con la collaborazione della facoltà di Giurisprudenza dell’ateneo cagliaritano.
Salvatore Putzolu, responsabile regionale dell’istituto di previdenza e dunque parte in causa nella "questione Tfr", non si sbilancia: «Abbiamo organizzato questa serie di appuntamenti per fare chiarezza, in un’ottica super partes».
Risponde allora Gianfranco Onnis, rappresentante delle Rdb regionali e studioso delle dinamiche legate al welfare state: «Per il momento il nostro consiglio è di tenere in azienda il trattamento di fine rapporto: lo dicono i numeri. Un esempio: i ferrovieri possono contare sul Fondo Priamo, che oggi rende meno del due per cento, contro il tre garantito dall’attuale sistema. Infine - ricorda Onnis - chi sceglie di "tenere" il Tfr può sempre decidere, in un secondo momento, di destinarne una parte ai fondi complementari. Al contrario, chi sceglie di aderire già da oggi al sistema integrativo, non può revocare questa scelta».
In merito, il primo dato riguarda la percentuale di lavoratori che ha deciso di destinare per intero il Tfr ai fondi complementari: «Secondo le ultime rilevazioni - sottolinea il docente Piergiorgio Corrias - questa opzione è stata scelta da un minimo di dieci ad un massimo di trenta dipendenti su cento. Il margine è abbastanza ampio, quindi l’importanza di questo dato non è assoluta ma indicativa, soprattutto se si tiene conto che le previsioni si attestavano intorno al quaranta per cento». Perché questa disparità tra stime di massima e dati effettivi? «Premesso che queste basse percentuali mi meravigliano - aggiunge Putzolu - credo che molto sia dovuto alla carenza di informazioni fornite agli utenti, e questa iniziativa, così come le prossime, hanno il compito di chiarire i dubbi dei dipendenti. Mi auguro che i lavoratori siano indirizzati verso una scelta seria e oculata anche sui fondi complementari, che devono essere seri e garantire un futuro».
Pablo Sole