Suicidio per via della crisi di un piccolo imprenditore in Sardegna

Cagliari -

 

 

Un morto, un suicidio, un altro in Sardegna. Un suicidio dovuto a difficoltà economiche, all’impossibilità di trovare un’occupazione dignitosa che gli permettesse da vivere e così se n’è andato questo microimprenditore di Macomer (vedi articolo allegato). Così, come qualche giorno fa hanno deciso di andarsene una coppia di coniugi nelle Marche cui c’è da aggiungere il fratello di lei, che sconvolto per la perdita della sorella e del cognato ha deciso di farla finita suicidandosi..

 

Quattro morti in così pochi giorni che si aggiungono alla triste sequela di tanti altri, operai, microimprenditori che non trovando un’occupazione decidono di farla finita. E il nostro compito non può consistere nel conteggiare questi morti, che per questo sono deputati altri enti ed istituzioni, quanto piuttosto di cercare di capirne le cause.  

 

Partiamo da un dato di fatto: non è questa la prima volta che l’Italia viene attraversata da una crisi così profonda. Essa, intendendo con essa, le classi popolari di questo Paese, ha conosciuto secoli di miseria incomparabilmente superiori a quella attuale, e la dimostrazione di ciò sta nel fatto che interi paesi del nostro Meridione ma anche dell’attuale “ricco Veneto e valli bergamasche sono ridotti a fantasmi causa spopolamento per emigrazione. A chi non essendo tanto avanti con l’età non ha fatto in tempo a ricordare quei tempi, ci sono i film del neorealismo, quelli di Rossellini, De Sica ecc.. a documentarla. 

 

Eppure allora non si parlava di suicidi di massa, e forse non ne succedevano. Non per ragioni economiche, per sentire parlare di suicidi si è dovuto aspettare gli anni 60’ ma erano suicidi che succedevano in qualche altra parte del mondo: In Vietnam ed in Cambogia, là dove monaci-bonzi si davano fuoco per protestare contro l’invasione dei loro paesi da parte degli USA, dato che vedevano quell’invasione come ineluttabile e loro si sentivano impotenti a contrastarla e questo succedeva mentre altri vietnamiti e cambogiani contrastavano quell’invasione unendosi e formando l’esercito popolare dei rispettivi paesi.  

 

Ecco io credo che questi suicidi per ragioni economiche hanno un minimo denominatore comune: la mutazione genetica apportata nel popolo italiano; è una mutazione generata da un’ideologia ben precisa, quella dell’individualismo, del calvinismo straccione. Quel tipo di ideologia che ci ha propinato la favola seconda la quale sono finite le ideologie, che i partiti, i sindacati sono roba vecchia, ciarpame da spedire in inceneritore, che l’individuo vale qualcosa se riesce a fare “la grana”, e se non ci riesce vuol dire che è fallito, e se sei “fallito” il passo verso il suicidio è breve.  

 

La persona in difficoltà degli anni 50/60 trovava rifugio nelle ideologie aspettava “il sol dell’avvenire” e si organizzava, nel frattempo, assieme ad altri suoi simili, per rivendicare la riforma agraria o condizioni di vita più dignitose, e sperava lottandoassieme ad altri suoi simili, per rivendicare la riforma agraria o condizioni di vita più dignitose, e sperava lottando. 

 

Sapeva di appartenere ad una classe e ne era orgoglioso. L’individuo, invece, sa di non trovare solidarietà, troverà al massimo qualcuno disposto a fargli l’elemosina, ed è questa condizione che non sopporta. Ed allora, penso che compito nostro sia quello di ridare speranza e darla nella misura in cui riusciamo a combattere questa ideologia: quella dell’individualismo per ritornare a quell’altra quella della solidarietà che significa organizzazione in strutture partitiche e sindacali che pratichino la lotta per il superamento di questo stato di cose.