Una «concertazione» senza cifre e tempi.

Finisce in un nulla di fatto l' incontro tra sindacati e governo sul «recupero del potere d'acquisto dei salari». Palazzo Chigi punta ad attendere i dati della «trimestrale di cassa». A marzo.

Roma -

 

Montagne e topolini. Almeno finché le questioni non ingingantiscono e provocano un conflitto sociale che sfugge agli apprendisti stregoni.

L'attesissimo incontro tra sindacati e governo qulla «questione salariale», su cui Cgil, Cisl e Uil avevano già minacciato di proclamare uno sciopero generale, si è concluso con un deprimente «abbiamo deciso di continuare a vederci». Ma con moltissima calma, senza fretta. Tanto - come ammette candidamente il ministro per l'attuazione del programma, Giulio Santagata - «si deve attendere la trimestrale di cassa». Ossia fine marzo, come minimo.
La ragione tecnica è semplice: qualsiasi proposta per far crescere il potere d'acquisto dei salari - e che non venga dalla normale contrattazione tra sindacati e imprese - svaria sul tema della «detassazione», e rappresenta quindi una potenziale minaccia per i conti pubblici.

Tommaso Padoa Schioppa, che pure ha registrato sul finire del 2007 una serie impressionante di «extragettiti» positivi (ma dall'ammontare ancora ignoto), vuol tenere le carte coperte fino ad allora. Tirando intanto sul prezzo e pronto, se necessario, a trincerarsi dietro i moniti della Bce (già ieri Jean-Claude Trichet ha invitato a non rispondere agli aumenti dei prezzi di energia e alimentari con gli incrementi salariali). Messa così, la trattativa ha preso già una brutta piega. Lo ha di fatto ammesso il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti, certo non descrivibile come un pasdaran del conflitto sociale: «poteva andare meglio». Il governo, infatti, dovrà prima cercare di ricomporre l'evidente differenza di posizioni esistente all'interno della maggioranza - nel corso di un vertice convocato per domani - e poi cominciare a trattare sul serio.
Il ministro del lavoro, Cesare Damiano, presentandosi nella conferenza stampa, si è voluto dimostrare comunque soddisfatto, definendo l'incontro «positivo». Ma solo perché «si riparte con la concertazione». Per calendarizzare la serie degli appuntamenti sul merito dei vari punti, invece, solo «a partire dalla fine del mese lavoreremo sul recupero del potere d'acquisto». Perché una «riduzione delle tasse sul lavoro», secondo lui, ci sarà di certo; «ma il quanto lo sapremo ad aprile».

Curioso modo di procedere: a seconda delle scelte (ad esempio: recuperare il fiscal drag, detassare gli aumenti della sola contrattazione aziendale, aumentare le detrazioni per il lavoro dipendente e i pensionati, oppure rivedere le aliquote Irpef) le cifre variano molto. Sia per quanto riguarda l'impegno dei conti pubblici, sia per quanto riguarda il «di più» sul netto in busta paga. E nessuno che sia ancora in possesso di qualche facoltà mentale può pensare di far passare 10 o 20 euro al mese come «una grande manovra di redistribuzione sociale». Sarebbe meglio, perciò avere prima le idee chiare sul «quanto», e quindi discutere solo sul «come» (che ha pure la sua rilevanza).

La questione dei tempi, perciò, si intreccia stettamente con quella del «merito». E' persino ovvio che i sindacati e la sinistra abbiano fretta, e che i «tecnici» dei conti pubblici intendano procedere con i piedi di piombo. Il problema è appunto che i «tecnici» sono ormai palesemente in contraddizione con il paese reale. Al punto che ancora Angeletti è costretto a minacciare «non credo che aspetteremo aprile» (e i risultati della trimestrale di cassa).
Il dubbio resta perciò se questo incontro sia stato sufficiente a fugare l'ipotesi di sciopero generale, che il governo - già pressato dalla spazzatura napoletana - non può assolutamente permettersi. Anche perché l'esecutivo non ha fatto il minimo accenno alle risorse (alla loro quantità) con cui coprire il minore gettito di un'eventuale detassazione. Il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, ha dato per certo che in parte arriveranno dall'«armonizzazione della tassazione sulle rendite finanziarie» (che passerebbero dal 12,5 al 30%; comunque meno della media europea), oltre che da un ulteriore recupero dell'evasione fiscale e dalla riduzione degli sprechi nella spesa pubblica. Il segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani, ha invece taciuto.

Qualcosa dovrà pur significare.
La tempistica è comunque fissata. Domani la maggioranza cercherà di sciogliere i suoi molti nodi. Poi i sindacati - che hanno già convocato i direttivi unitari per il 18 - valuteranno se procedere all'apertura dei tavoli di discussione oppure andare allo sciopero generale (ipotesi attualmente in netto calo). Poi... Tutto dipenderà se all'interno del governo prevarranno ancora una volta i «tecnici» (e allora non si avrà una vera trattativa prima di aprile-maggio); oppure se, per la prima volta in quasi due anni, ci sarà un sussulto di razionalità politica e sensibilità sociale. Di «giustizia», del resto, non è qui il caso di parlare.

Francesco Piccioni – Il Manifesto